Arrestati dipendenti TIM che rivendevano dati dei clienti ai call center

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La magistratura ha predisposto 20 misure cautelari per 20 dipendenti infedeli di TIM che rubavano 1,2 milioni di dati all’anno per poi rivenderli ai call center tramite degli intermediari.

La magistratura ha predisposto 13 ordinanze per arresti domiciliari e 7 obblighi di dimora nel Comune di residenza per 20 dipendenti TIM che consegnavano dati dei clienti dell’operatore ad intermediari, che provvedevano successivamente a venderli ai titolari dei call center. La quantità di dati trafugata dovrebbe salire a circa 1,2 milioni di dati rubati all’anno. Lo scopo della pratica illecita era quello di guadagnare dalle commissioni previste per la portabilità del numero in TIM, che arrivavano anche alla cifra di 400€ a contratto. Il complesso sistema di rivendita illegale vedeva una serie di tecnici infedeli trafugare dati dei clienti TIM, che venivano immessi dentro una grande rete commerciale che ruotava attorno alla figura di un imprenditore campano. Quest’ultimo grazie all’ausilio di diversi software, estraeva grosse quantità di informazioni. I dati, dopo essere stati “puliti” venivano utilizzati da diversi call center, e venivano passati di mano in mano per essere rivenduti a prezzi ridotti in base alla “freschezza” del dato.

Le indagini hanno rivelato che i call center coinvolti sono 13 e sono presenti tutti in area campana.

In un comunicato stampa, TIM ha ringraziato il lavoro delle forze dell’ordine e ha condannato l’episodio etichettandolo come “grave” perché dannoso non solo per l’operatore stesso ma anche per l’intero settore delle telecomunicazioni, ribadendo la propria collaborazione con gli inquirenti per tutto il periodo di durata dell’indagine.

TIM ha inoltre preso provvedimenti nei confronti del personale coinvolto e si costituirà come parte civile nel processo giudiziario poiché parte lesa della vicenda.

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