Studio su correlazione tra tumori e 5G in Toscana: uno spreco di denaro pubblico?

5g salute

L’OMS parla chiaro, ma la regione Toscana “non si fida” e spende 223 mila Euro di fondi pubblici: 5G e tumori, la solita vecchia storia no sense continua

La Regione Toscana sembra non fidarsi degli studi globali dell’OMS e delle evidenze scientifiche internazionali sul 5G, decidendo di spendere 223mila euro per un proprio studio locale sugli effetti dei campi elettromagnetici. Nonostante i numerosi rapporti che escludono pericoli concreti, la Regione ha approvato una delibera per indagare la presunta correlazione tra il 5G e l’insorgenza di tumori, specialmente in aree ad alta esposizione.

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L’indagine nelle città toscane: necessario o ridondante?

L’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat) e l’Agenzia regionale di sanità (Ars) saranno incaricate di monitorare le città di Arezzo, Firenze, Livorno, Lucca, Pisa e Prato. L’obiettivo? Studiare le emissioni delle antenne 5G e valutarne l’impatto sulla salute della popolazione. Arpat analizzerà le stazioni radio base, misurando i livelli di esposizione elettromagnetica e modellando scenari futuri, mentre l’Ars monitorerà eventuali correlazioni con tumori e altre patologie.

Un progetto di due anni, che coinvolgerà anche scuole e abitazioni, per esaminare le possibili conseguenze sulle diverse fasce della popolazione, in particolare sui bambini. Ma la domanda sorge spontanea: è davvero necessario tutto questo, quando esistono già numerosi studi a livello internazionale che non rilevano rischi significativi?

Perché la Toscana insiste su questo studio?

L’origine di questa indagine sembra risalire al 2013, quando l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro classificò le radiazioni elettromagnetiche come “possibili cancerogeni”, in riferimento all’uso prolungato dei telefoni cellulari. Tuttavia, da allora, le evidenze scientifiche sul 5G non hanno confermato pericoli concreti. Nonostante ciò, gli assessori toscani Monia Monni e Simone Bezzini sostengono che l’esposizione derivante dalle stazioni radiobase (Srb) possa avere effetti differenti rispetto ai telefoni cellulari, giustificando lo studio con la necessità di ottenere dati più locali.

Spreco di risorse o precauzione?

Molti esperti, tra cui il virologo Roberto Burioni e il biofisico Ranieri Bizzarri, hanno già criticato aspramente la decisione, definendola uno spreco di denaro pubblico. Il loro punto? L’OMS e altre istituzioni scientifiche hanno già confermato che il 5G non rappresenta un rischio significativo per la salute, e l’Italia ha già pubblicato rapporti che minimizzano il pericolo.

Inoltre, il recente aumento dei limiti di emissione elettromagnetica in Italia, da 6 a 15 V/m, resta comunque ampiamente al di sotto della soglia raccomandata dalla Commissione Internazionale per le Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP). Nonostante ciò, la Regione Toscana sembra decisa a proseguire con il proprio studio, lasciando molti a chiedersi se non si tratti solo di un’inutile duplicazione di sforzi già compiuti altrove.

Inoltre… quelle frequenze erano già in uso!

Chiudiamo l’articolo, precisando, che il 5G non ha nulla di diverso rispetto a mille altre frequenze elettromagnetiche che ci circondano (Radio FM, TV, 2G, 4G e… si potrebbe continuare). Quindi perchè indagare solo sul 5G? Tra le altre cose molte di quelle frequenze erano in uno dalla TV, con potenze di trasmissione ben superiori a quelle della telefonia mobile.

Quando le istituzioni che dovrebbero diffondere cultura diffondono panico e sprecano soldi pubblici fanno solo del male alla cittadinanza che non si informa adeguatamente.

VIA | DDay

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